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Attualità

Ricordi di Poste: Enrico e quella consegna da ricordare

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Nella storia dei dipendenti di Poste Italiane si ritrova la storia del nostro Paese. In “Ricordi di Poste”, raccogliamo le testimonianze degli ex dipendenti che scrivono alla redazione e che, attraverso i loro racconti, contribuiscono a mantenere vivo il legame tra le generazioni.

Nella storia dei dipendenti di Poste Italiane si ritrova la storia del nostro Paese. In “Ricordi di Poste”, raccogliamo le testimonianze degli ex dipendenti che scrivono alla redazione e che, attraverso i loro racconti, contribuiscono a mantenere vivo il legame tra le generazioni.

Sono Enrico Stalliviere, un portalettere in pensione dal 2007 dopo 33 anni trascorsi nell’ufficio postale di Pedavena in provincia di Belluno con gioia, impegno e armonia a Poste Italiane, passati velocemente, tanto da non rendermi nemmeno conto. C’è un episodio che vorrei raccontare: era il dieci del mese di giugno di molti anni fa… era (ed è) un giorno importante, in quanto i pensionati che avevano maturato la pensione in Svizzera attendevano trepidanti l’assegno che arrivava direttamente da quella nazione. Una cartolina rosa coronava le fatiche di una vita lavorativa e arrivava puntuale come un orologio svizzero il dieci di ogni mese. In un piccolissimo borgo aggrappato alle ripide pendici della montagna mi attendevano trepidanti tre pensionati. I vecchietti abitavano in una piccola corte, situata un po’ fuori dal borgo dove mi stavo dirigendo.

Arrivato alla chiesa, che era l’ultimo edificio del borghetto prima di arrivare alla corte, dovevo affrontare una ripida salita. Quel giorno però dovetti fermare il motorino, i mezzi meccanici di un’impresa di scavi che stava posando le tubazioni del nuovo acquedotto ostruivano la strada. Lo scavo era in centro strada e il materiale di risulta era stato posizionato da entrambi i lati. La strada praticamente era bloccata. Ma i nonni mi stavano aspettando, dovevo raggiungerli ad ogni costo. La mia vita da sportivo, a quei tempi, mi impediva di desistere e non mi persi d’animo; quindi misi la borsa a tracolla, la quale conteneva la posta, il registro e i vaglia esteri (così erano chiamati a quei tempi) e mi avviai a piedi. Con la strada ostruita l’unica possibilità era camminare nello scavo profondo più di un metro. E così feci.

Procedere nello scavo non era agevole, camminare con il terreno smosso con scarpe poco adatte era faticoso. La fossa diventava sempre più profonda ma procedevo ugualmente, deciso a effettuare quelle consegne. A un certo punto dallo scavo, guardando verso l’alto, riuscivo a scorgere solamente il cielo e le fronde degli alberi. Tramite la loro disposizione, capii che dovevo essere arrivato. Chiamai ad alta voce più volte il nome dei pensionati, ottenendo una risposta, ma molto distante. Dovetti chiamarli molte volte, affinché riuscissero a individuare da dove proveniva precisamente la voce. Portarono una scala per farmi risalire e alla fine la commozione fu grande da entrambe le parti. Un episodio che mi riempì di forza e che ricordo con orgoglio ancora adesso.